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      Naturalmente esse non sono molte. Una poesia doveva artificiosamente comporsi in modo da rivelare il suo senso segreto col cambiamento di una o due o tre parole sole e possibilmente le parole a doppio senso dovevano essere collocate in modo che anche il senso letterale avesse la sua significazione, la sua logica e possibilmente il suo «pathos».
      D'altra parte bisogna pensare che l'artificio non doveva riuscire eccessivamente difficile perché, se gli oggetti non erano quelli dei quali parlava il senso letterale, gli stati d'animo che si esprimevano erano in un certo senso veramente reali. Era veramente amore quello che questi adepti provavano per la loro mistica Sapienza; era veramente professione di fedeltà quella che facevano dinanzi alla setta, come se l'avessero fatta dinanzi alla donna. Era veramente dolore di essere trascurati, abbandonati o condannati dalla setta quello che essi esprimevano come dolore di essere trascurati, abbandonati o respinti dalla donna; era veramente odio quello che essi avevano contro la Chiesa corrotta potente e malvagia e che essi esprimevano come odio contro la morte quando la vituperavano: pertanto bastava loro introdurre in un contesto talvolta una sola parola a senso occulto perché il significato letterale e il significato segreto, diversissimi tra loro, potessero ambedue procedere per conto loro: quello letterale per la «gente grossa», quello segreto per i «Fedeli d'Amore».
      Tra le parole del gergo ve ne sono alcune che, pur essendo diverse nel senso letterale, significano simbolicamente la stessa cosa e ve ne sono altre che con lo stesso suono significano nel gergo, a seconda dei casi, cose diverse.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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