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      Accenniamo prima alla mistica morte, a quella morte che è (vera) vita.
      Della mistica morte si parlava ben diffusamente non soltanto dai mistici cristiani e già fin da San Giovanni e da San Paolo, ma prima ancora dai mistici di tutti i tempi.
      Già nel misticismo dei misteri più antichi l'iniziazione era concepita come un abbandono della vita vecchia, come una palingenesi, come l'assunzione di una vita nuova (termine antichissimo d'impronta nettamente mistica, che soltanto gli stiracchiamenti sfrontati della critica «positiva» giungono a interpretare vita giovanile o vita amorosa) e perciò come un morire (mistico) del vecchio uomo e un assumere una vita nuova, che è sentita e pensata come una rinascita o palingenesi.
      Apuleio dice che dopo la sua iniziazione fu celebrato il giorno della sua nascita: tutti i riti dei misteri, infatti includevano un rito allusivo a questa mistica morte che è mistica vita. Vi sono misteri e iniziazioni tra i selvaggi nei quali l'iniziato viene addirittura sepolto per qualche tempo per dargli il senso vero della rinascita o nel quale dopo l'iniziazione (nella quale spessissimo si prende un nome nuovo), deve fingersi smemorato e non riconoscere i suoi per dare il senso di questa rigenerazione(209).
      Tutti sanno come la grande corrente del misticismo antico misterico e iniziatico, immesso nel Cristianesimo, portò per opera dell'autore del quarto Vangelo e di San Paolo a concepire il battesimo come morte mistica: «Ignoravate voi, o fratelli, che quanti siamo stati battezzati in Cristo siamo stati battezzati nella morte di Lui?


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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