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      E possediamo una sirventese del trovatore Guglielmo Figueira ove questa designazione di morti ai seguaci della Chiesa è chiaramente gridata.
      «Su, sirventese, mettiti in cammino e dì ai falsi sacerdoti che chi si sottomette alla loro potenza è designato alla morte. Questo si è ben appreso a Tolosa!(218)»
      Alcune delle poesie del dolce stil novo ci mostrano all'evidenza come questa morte (che è ben altra cosa che la morte) sia stata vituperata in versi che parevano dire tutt'altro.
      E questa la morte nell'errore e quindi negazione della verità santa, tenebra e peccato, è questa la famosa «morte della vita privatrice» della ben nota canzone di Cino (o di Gianni Alfani?). Basta leggere questa canzone con gli occhi un poco snebbiati per vedere immediatamente che nel senso letterale essa si lascia sfuggire delle sbalorditive assurdità, che invece diventa limpidissima e insieme profonda e tragica se si intenda come una canzone di odio contro la Chiesa corrotta nemica d'Amore (della setta).
      Se qualche volta l'autore ha qualche raro tratto nel quale sembra che parli della morte vera, come quando dice che essa è chiamata dai misteri e schifata dai ricchi (d'intelletto) o quando ricorda che essa fu vinta da Cristo allorché spezzò le porte dell'Inferno (e fu vittoria sulla morte spirituale), in ogni verso traspare nettamente il recondito significato nel quale il poeta si scaglia contro la malvagità della Chiesa. Per intendere questa canzone non ci si può tenere davvero all'ambiente idilliaco del Calendimaggio fiorentino, bisogna ripensare alle persecuzioni della Chiesa contro i suoi avversari, bisogna pensare all'ombra tragica della strage degli Albigesi che si stende attraverso tutta la poesia così detta di Amore, al supposto assassinio di Arrigo VII attribuito alla Chiesa e alla strage dei Templari che avviene quando Dante e Cino sono ancora in vita.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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