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      L'importantissimo sonetto che qui cito, dove si parla di una pietra che tiene morta la donna e si impreca contro di lei e le si ingiunge di aprirsi affinché il poeta «veggia scorta» colei che giace in mezzo alla pietra, perché il cuore gli dice che essa ancor «viva seggia», è nella sua apparenza di un amore disperato e drammatico una limpidissima imprecazione contro la Chiesa, alla quale si dicono infatti cose che a una pietra sepolcrale non converrebbero affatto e prima di tutto che essa serra la donna «ancor viva» e poi che essa, la pietra, era bianca ed è fatta nera «de lo colore suo tutta distorta» (come era infatti la Chiesa), dove si minaccia a questa pietra che «il sudore e l'angoscia già la scheggia» e dove si conclude che questa, che è di fuori una pietra, fa diventare pietra di dentro gli altri. È un sonetto che appare mirabile di profondità, appena si sia veramente inteso. Va sotto il nome di Dante.
      Deh piangi meco tu, dogliosa petra,(241)
      perché s'è Petra en così crudel portaentrata, che d'angoscia el cor me'npetra;
      deh, piangi meco tu che la tien morta!(242)
      Ch'eri già bianca, e or se' nera e tetra,(243)
      de lo colore suo tutta distorta;
      e quando più ti priego, più s'arretraPetra d'aprirme, ch'io la veggia scorta.
      Aprimi, petra, sì ch'io, Petra veggiacome nel mezzo di te, crudel, giace,
      che 'l cor mi dice ch'ancor viva seggia,
      che se la vista mia non è fallace,
      il sudore e l'angoscia già ti scheggia...
      petra è di fuor che dentro petra face(244).
      Questo caratteristico esempio di sonetto a doppio senso serve come richiamo a farci intendere non solo il pianto di Cino da Pistoia che con più dolce suono si lamentava su quella «pietra», «sasso», «ove l'onesta pose la sua fronte», ma anche a farci comprendere quelle famose canzoni pietrose di Dante, sulle quali dovremo ritornare, e che da parecchi secoli si scambiano per strampalate espressioni di morboso sadismo e sono invece semplicemente poesie d'odio contro la Chiesa corrotta.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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