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      Qualche volta gli amanti dicono di amare non propriamente il «Fiore» ma un certo strano albero che promette di fare un fiore in cima, altra immagine che non ci riporta certo a una donna ma alla Sapienza santa, alla «Rosa», che fiorisce forse dalla tradizione occulta (dall'albero, dal lauro o dal faggio o dal pino che sta sopra alla fontana d'insegnamento). Soltanto così prendono un senso questi versi di Guido Orlandi che letteralmente sono dei nonsensi:
      Lo gran piacer ch'io porto immaginatod'un arbore fogliato dilectoso
      m'ha fatto disiosod'amor seguir guardado nella cima(270).
      E questi altri dello stesso autore:
      Guardando nel piacere del su' ramo(271)
      a dilectanza chiamoamor che la mercé non s'abbandoni
      e prego lui che mi sia nutricela sua viva radice(272).
      E questi altri di Ser Bonagiunta Monaco:
      Un arbore fogliato d'amor novo riguardolo qual sanza ritardo
      mostranza fe' di dar frutto di cima(273).
      In questo ondeggiare continuo dell'immagine che il poeta ha dinanzi agli occhi, che è promiscuamente immagine di una rosa, di un fiore (talora anche di una stella) o di una donna, immagini che fluiscono facilmente una nell'altra, si conferma la nessuna consistenza realistica del loro sentimento e il carattere nettamente convenzionale di tutto ciò che essi dicono.
      «Fontana», «Fonte», «Fiume», «Rio». È la «fontana d'insegnamento», cioè la tradizione della Sapienza santa, presso la quale si trova infatti spesso la donna (o l'Amore) o la Rosa a significare il suo rapporto con essa.
      Abbiamo già visto che le donne che hanno «intelletto d'amore» (gli adepti) scrissero a Dante che Beatrice stava alla «fontana d'insegnamento». Dante stesso nella Vita Nuova trova Amore lungo «uno fiume bello e corrente e chiarissimo(274)» al quale Amore volge sovente gli occhi.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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