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      Dante in una delle sue più famose e meno intese poesie, che esamineremo: Io son venuto al punto della rota, fa una lunga e tragica descrizione di un fantastico inverno durante il quale però egli resta fedele ad Amore. La mirabile energia di tutte le espressioni contrasta vivamente con la piccolezza del concetto fondamentale che, nel senso letterale, sarebbe semplicemente questo: «Quantunque sia inverno e faccia molto freddo, io tuttavia son sempre molto innamorato». Concetto non solo meschino (perché si sa bene che gli innamorati in genere sono innamorati anche d'inverno), ma che contrasterebbe, come vedremo meglio in seguito, col tono veramente eroico di tutta la canzone. Tale contrasto sparisce e tutta la canzone diventa immensamente più bella se si intenda il suo senso riposto. «E tempo freddo, inverno, gelo, cioè prevalere della Chiesa corrotta crudele e tirannica (siamo forse all'epoca della distruzione dei Templari, con i quali, come vedremo, la setta dei «Fedeli d'Amore» era strettamente legata) e Dante, mentre tutti gli augelli che temono il freddo fuggono, etutti li animali che son gai
      di lor natura, son d'amor disciolti,
      però che 'l freddo lor spirito ammorta,
      protesta la sua fedeltà eroica alla setta, cioè alla verità santa, grida:
      io de la mia guerranon son però tornato un passo arretro.
      E augura e attende il ritorno deldolce tempo novello, quando piove
      amore in terra da tutti li cieli(313),
      cioè il tempo in cui Amore con la vera Sapienza cui esso è fedele trionferà sul mondo.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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