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      Egli è naturalmente l'opposto di «cortese», «gentile». Egli si rallegra e ride quando l'aria è fredda, cioè naturalmente quando Amore è perseguitato e avvilito.
      Poi ch'aggio udito dir dell'uom selvaggioche ride e mena gio' de lo turbato tempo;
      ché l'air fredda in suo coraggio,(320)
      dice Guido Orlandi; e anche Jacopo da Lentini aveva messo in rapporto il «selvaggio» col «gelo»:
      per quello ch'è salvagioDio li mandi dolore,
      unqua non venga a magio:
      tant'è di mal usagio,
      che di stat'à gielore.(321)
      Inghilfredi aveva già dato una graziosa spiegazione apparente, ripresa da altri, dell'amore che ha l'uomo selvaggio per il freddo e dell'odio che ha per il «tempo chiaro»; ed è che quando il tempo era chiaro si spauriva pensando alla tempesta.
      L'omo selvaggio ha in sé cotal naturache piange quando vede il tempo chiaro
      però che la tempesta lo spaura.(322)
      Ma questa vecchia tradizione sulle abitudini dell'uomo selvaggio è sfruttata per contrapporla all'uomo gentile e al «Fedele d'Amore», che invece ama il «tempo gaio», il «tempo verde», il «tempo chiaro», che verrà col trionfo della verità santa.
      La parola si prestava mirabilmente per far sapere in quei sonetti, che sono in realtà «lettere informative» sotto l'apparenza dell'amore, se in un dato luogo vi erano o non vi erano adepti. Quando Cino da Pistoia scriveva:
      Poiché io son lunge in fra selvaggia gente,
      dava semplicemente conto dell'ambiente in cui si trovava nei rapporti della setta. Infatti egli diceva più chiaramente:
      Ciò ch'io veggo di qua m'è mortal duolo,


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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