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      poiché io son lunge in fra selvaggia gente;
      la quale io fuggo e sto celatamente,
      perché mi trovi Amor col pensier solo.
      E dopo aver detto come egli andasse col pensiero a riguardare la sua donna, dice:
      quella, ch'io chiamo, lasso! coi sospiri,
      perch'odito non sia da cor villanod'Amor nemico e degli suoi desiri.(323)
      Anche Dante raccomandava alla sua canzone di non palesarsi alla «gente villana».
      non restar ove sia gente villana:
      ingegnati, se puoi, d'esser palesesolo con donne o con omo cortese.(324)
      E la soave ballatetta di Guido: Perch'io non spero di tornar giammai scritta non sul morire, come si crede, ma assai prima, quando mirava ancora alla sua Giovanna, riceve raccomandazione analoga.
      ...guarda che persona non ti miri(325)
      che sia nemica di gentil natura:
      ché certo per la mia disavventuratu saresti contesa
      tanto da lei ripresache mi sarebbe angoscia(326)
      E se la ballatetta significava cosa che i nemici di gentil natura non dovevano mirare, è assai probabile che parlasse con una dolce fantasia poetica di morte figurata, di «mistica morte» (va ragionando nella strutta mente) e non di morte reale.
      «Tuono». Minaccia o atto di violenza o scomunica che viene dalla Chiesa contro un «Fedele d'Amore» o contro la setta.
      Questi «tuoni» o «troni» hanno due effetti veramente strani nel senso letterale, cioè mettono in fuga il bene e fanno cambiare aspetto agli uomini, cioè disperdono e mettono in fuga coloro che cercano il bene, i «Fedeli d'Amore», e li costringono a «cambiar faccia» cioè a «simulare». Cino scrivendo a Dante in un sonetto trasparentissimo, parla appunto di questi «tuoni» nati dal «contrario del bene»:


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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