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      Se questa parola si deve escludere dal gergo ciò è per le ragioni mie e non per quelle, al solito, poco serie e poco ponderate della critica ufficiale e accreditata.
      Vi sono alcune parole il cui valore di gergo rimane incerto e ciò per la semplice ragione che esse si presentano troppo di rado perché risulti evidente il loro significato.
      Per esempio la parola «vaio» (vestito vaio) si presenta due volte, in condizioni tali che può essere perfettamente traducibile con la parola «discorso artefatto, discorso in gergo», e se si pensi che il vaio è una pelle che ha delle parti bianche e delle parti nere, che «pavimento a scacchi bianchi e neri» si chiama il gergo artefatto dei Manichei e che l'immagine si presta benissimo a indicare il doppio significato delle parole, si può ritenere probabile che l'espressione sia stata usata con questo significato segreto. E certo essa risulta traducibile con aumento e ingrandimento di significazione in quei due casi, ma sono due soli. Il Guinizelli dice della sua donna (Lucia) che essa è molto gentile con un «capuzzo vaio in testa» (la Sapienza è bene acconcia sotto l'adornamento del parlare artefatto).
      Francesco da Barberino in uno dei suoi mottetti oscuri, consigliando di filare sempre grosso o non mai troppo sottile (scrivere in gergo ma in modo da non essere incomprensibili), scrive:
      Se tu fili fila grossoo non troppo sottil mai
      quando volpe quando vai.(345)
      E dà delle spiegazioni assurde di questo suo mottetto, che invece si può spiegare abbastanza bene come un consiglio dato ai rimatori a doppio senso di filare astutamente come la volpe o (cosa non molto diversa) di filare in color vaio (bianco e nero)(346). Siamo con questo sicuri che non esista nessun'altra parola di gergo della quale ci sfugga il significato?


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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