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      Fra gli altri Dante da Maiano rispose con delle artefatte sconcezze, che non erano davvero da cuore gentile e da alma innamorata e che pure non offesero minimamente Dante, che continuò a carteggiare con lui in versi.
      Questa usanza derivava probabilmente dal fatto che la poesia del nuovo adepto o del nuovo promosso era mandata anonima e le risposte dovevano perciò essere vaghe e non riferirsi affatto alle verità iniziatiche. Vi sono inoltre altre poesie che si scrivevano veramente per tutti, come le poesie di carattere non amoroso, ma morale o politico e che erano destinate non soltanto ai «Fedeli d'Amore», bensì al pubblico comune.
      Un chiaro esempio della differenza che esiste tra le poesie in gergo e le altre si ha nelle due canzoni scritte certo quasi contemporaneamente da Cino da Pistoia alla morte di Arrigo VII Imperatore. Quella che comincia: Da poi che la natura ha fine 'mposto è scritta in linguaggio aperto e palese, senza ombra di doppio senso o di sottinteso. Era destinata alla folla. L'altra che comincia: L'altra virtù che si ritrasse al cielo ha un'intonazione diversissima, allusioni velate al regno di Saturno, imprecazioni e tirate contro la «Morte» (Chiesa corrotta) e altri motivi consueti nella poesia d'amore, e l'Amore (che non c'entrerebbe proprio nulla) è due volte ricordato. Questa poesia è scritta invece per la setta e non per caso è indirizzata a Guido Novello, al quale dice che il suo «amore, idol beato» non lo distoglie certo dall'«amore spento», da Arrigo che è morto.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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