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      non mi tornasser, come voi vedete.
      De, increscavi di me, donne, per Dio,
      ch'io non so che mi fare,
      si son or combattuto feramentech'amor, la sua mercé, mi dice ch'io
      non le tema mostrarequelle ferite onde io vo' [sì] dolente.
      Io l'ho scontrata e pur di porla a menteson venuto sì meno
      e di sospir sì pieno,
      ch'io caggio morto, e voi non m'accorrete.(370)
      Cino da Pistoia si lamenta perché dopo esser divenuto «Fedele d'Amore» è stato perseguitato dal sospetto della Chiesa (morte). Si duole che la vita dei «Fedeli d'Amore» sia penosa ed esiga una dolorosa disciplina e che quando egli, il poeta, piange, (cioè è costretto a simulare), Amore (la setta) non comprenda che egli simula e lo accusi di seguire veramente la Chiesa corrotta.
      Senza tormento di sospir non vissi,
      né senza veder morte un'ora standofui poscia, che i miei occhi riguardando
      a la beltade di Madonna fissi;
      come uom ch'i' non credea che tu ferissi,
      Amore, altrui, quando 'l vai lusingando,
      e sol per isguardar meravigliandodi così mortal lancia il cor m'aprissi;
      anzi credea, che quando tu uscissidi sì begli occhj apportassi dolci ore
      non già che fossi amaro e fier signore,
      né che 'n guisa cotal tu mi tradissi,
      che fai sollazzo dello mio dolore,
      vedendo uscir le lagrime dal core(371).
      Lapo Gianni protesta la sua fedeltà e la sua devozione alla setta, ricorda che altra volta egli ha mancato verso di lei con indiscrezioni delle quali però si pentì e delle quali fu perdonato; si la-menta ora che la setta gli si mostri nuovamente poco benevola.
      Gentil donna cortese e di bon'are,


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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