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      Allor non par che la lingua si morda;
      né ciò v'insegnò mai GuidoDante(395).
      Bacciarone di Messer Baccone si scaglia contro la setta dei «Fedeli d'Amore». Egli dice loro tali enormi e assurdi insulti che sarebbero assolutamente inconcepibili se rivolti semplicemente a della gente che è innamorata. In questa trasparentissima canzone il poeta dice di essere stato «Fedele d'Amore» e di voler fare sconfitta alla gente che segue lui (la setta), che è denudata d'onore di prodezza e d'allegrezza e da capo a piedi veste tutto il contrario (di quel che dovrebbe). Dice che essi cantano lodando Amore che li sconcia e lo esaltano come colui che porta all'onore. Deride «li matti che si covren del suo scudo, il qual manco è, che di ragnolo tela», con evidente allusione ingiuriosa al segreto del gergo. Continua dicendo che non vuol più saperne di stare tra i «Fedeli d'Amore»: «Non già me coglieranno a quella setta» ove, egli dice, non era padrone di se stesso. Dice che l'amore non riuscirà più a fargli parere la triaca veleno e il veleno triaca. Dice che l'amore gli faceva sembrare persa (maggiorana) l'ortica e gli faceva parere nemica una che non nomina e non spiega chi sia e senza la quale egli sarebbe fuori di vita (la Chiesa) e soffrirebbe invece morte obbrobriosa e crudele. Dice che tutta la gente (gli adepti) gli è mancata e più chi gli faceva più festa e non dice affatto che gli sia mancata la donna, anzi della donna non c'è una parola sola! Grida a tutti di guardarsi bene dal cadere nel servaggio dell'amore che porta dolore e dannazione e ogni male e toglie questa vita e l'eterna.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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