Pagina (337/879)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      IV, r). E si continua con evidente simbolismo mistico dicendo:
      O viste umane, se fossete degnede veder como de grazia fontana
      e com'el celo in lei vertute pegne!
      Costei fo quella che prima me morsela nuda mente col disio soverchio,
      che subito mia luce se n'accorse.
      Onne intellecto qui quiesca e dorma,
      ché non fe' mai, sotto 'l primo cerchio,
      Deo e natura sì leggiadra forma.(441)
      Si osservi che la donna morse la nuda mente, cioè l'intelletto puro e chi se ne accorse fu «mia luce», cioè quella parte dell'anima che è luce della Sapienza che vuole ricongiungersi a lei.
      Mescolando la sua sapienza di naturalista con la glorificazione di questa misteriosa donna, Cecco d'Ascoli continua ora dicendo che la lumerpa è luminosa e che le sue penne continuano a far luce anche dopo che essa è morta:
      Così da questa ven la dolce luce,
      ch'aluma l'alma nel disio d'amore;
      tollendo morte, a vita conduce.
      E l'om, morendo po' con questa donna,
      luce la fama; nel mondo non moree de sospiri fa questa lonna.
      Ma chi da questa donna s'allontana,
      perde la luce de le prime penne,
      de soa salute onn'ora s'estrana;
      ma, prego, con li dolci occhi me sguarde,
      tollendo del mio cor le penne vane,
      del ceco mondo che onn'ora m'arde:
      e la soa forza me conduce a tanto,
      che sempre li occhi gira 'l tristo pianto.(442)
      Continua, dicendo che un altro uccello, lo stellino, sale nell'aria abbandonando il dolce nido per amore della stella e aggiunge:
      È simel donna questa del stellino,
      che fa volar la mente nostra accesa.
      Nel gran disio de lo ben divino(443).


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





Sapienza Cecco Ascoli