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      E non basta ancora. L'inconsistenza critica del saggio del D'Ancona arriva anche più in là. Dopo che egli non ha saputo opporre nulla alla dimostrazione del Perez, dopo che ha cavato fuori in contrasto a essa quell'anacronistica interpretazione di Beatrice-Idea, dopo che in ogni modo ha dovuto riconoscere che Beatrice anche nella Vita Nuova è, sia pure con un certo fondo di realtà, un personaggio simbolico, si dimentica completamente di tutto questo e, abbandonandosi pienamente al fascino della rettorica romantica, ha il coraggio di scrivere:
      «La Vita Nuova è una candida e malinconica storia d'affetti profondi, un'ingenua e piena confessione di ciò che v'era di più intimo e segreto nel cuore suo». E ciò per un'opera che poche righe avanti aveva riconosciuto come per lo meno intrecciata col simbolismo e scritta in esaltazione dell'«Idea»!
      Ma una tale affermazione, veramente ingenua, potrebbe essere perdonabile a chi ignorasse completamente, non dico le dimostrazioni del Perez, ma quelle stesse parti della Vita Nuova, dove Dante dice chiaramente che vuole essere inteso soltanto da alcuni e che ha timore di avere a troppi comunicato lo suo intendimento, e da chi non abbia affatto udito sano per sentire il groviglio di pensieri nascosti, di cose dette a mezzo, di evidenti simbolismi, di personificazioni, di visioni, di astruserie cabalistiche delle quali la Vita Nuova è piena. Chi innanzi a essa parla di ingenua confessione, può essere un grandissimo ricercatore di documenti storici, com'era senza dubbio il D'Ancona, ma è assolutamente incapace di sentire lo spirito di quest'opera.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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