Pagina (405/879)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      né non attende né vento né plova;
      per che faria gran ben sua donna, po' v'hatanta di fe', guardare a li suoi stati;
      poi ched egli è infra gli innamoratiquel che 'n perfetto amor passa, e più gio' v'ha;
      noi donne il metteremmo in paradiso,
      udendol dir di lei c'ha lui conquiso.
      Nel congedo la canzone parla in prima persona, dice che andrà sicura perché è in tal guisa accompagnata (dal parlare ambiguo) che si sente tranquilla, ma non sa quando potrà giungere a destinazione; dice però che tanto andrà fin che «giungerà la donna sovrana (Beatrice) alla fontana d'insegnamento», frase che già abbiamo citato più volte, frase che basterebbe da sola a far crollare tutto quell'impasticciato edificio della realtà storica di Beatrice, perché qui essa è chiaramente raffigurata come fontana d'insegnamento o più semplicemente come sedente presso la mistica fontana d'insegnamento, quella fontana che è lo stesso fiume nel quale guardava Amore, lo stesso rio lungo il quale andava Dante, la stessa mistica fonte presso la quale, secondo la fantasia del Boccaccio, fatta per confondere la testa della «gente grossa», la madre di Dante aveva sognato addirittura di partorire suo figlio.
      Io anderò, né non già miga in bando;
      in tale guisa sono accompagnata,
      che sì mi sento bene assicurata,
      ch'i' spero andare e redir tutta sana.
      Son certa ben di non irmi isviando,
      ma in molti luoghi sarò arrestata:
      pregherolli di quel che m'hai pregata,
      fin ched i' giugnerò a la fontanad'insegnamento, tua donna sovrana.
      Non so s'io mi starò semmana o mese,


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





Beatrice Beatrice Amore Dante Boccaccio Dante