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      o se le vie mi saranno contesegirò al tu' piacer presso e lontana;
      ma d'esservi già giunta io amerei,
      perché ad Amor ti raccomanderei.(496)
      XIX. Dante parla modestamente del grande successo della sua canzone e (si noti bene) non parla affatto di questa importantissima risposta, un po' troppo trasparente a dir vero, che è stata scoperta soltanto di recente(497). Certo è che egli da allora diventa un maestro riconosciuto in materia d'Amore, cosicché le genti vanno a lui, proprio come andavano al Cavalcanti, a domandare che cos'è Amore ed egli lo spiega in quel sonetto Amor e 'l cor gentil son una cosa, nel quale ripete in sostanza le idee della canzone di Guido Guinizelli: il cuore puro si volge di necessità all'amore della Sapienza santa e l'amore della Sapienza santa è di necessità nel cuore puro. Vero è, aggiunge, che quell'amore sta come dormendo per più o meno tempo, ma quando appare il raggio della divina Sapienza, il cuore si volge a essa e l'amore naturale dell'uomo per la verità santa si riduce, come spiega nella nota, di potenzia in atto.
      XX. Continuando nel suo nuovo ufficio di maestro dell'Amore mistico, egli sviluppa ancora questa teoria in senso più radicale. Nel sonetto precedente ha spiegato che la Sapienza santa suscita l'amore dove esso è già in potenza; nel seguente dirà di più: che ella non lo sveglia soltanto «là ove dorme, ma là ove non è in potenzia, ella, mirabilmente operando, lo fa venire». Idea dal punto di vista strettamente letterale assurda, perché nulla può essere in atto là dove non è in potenza, ma Dante vuole far intendere questo profondo pensiero, che in realtà nessuna cosa sfugge all'azione illuminante e vivificatrice della Sapienza santa, che essa, se prontamente sveglia l'amore nell'animo puro e ben disposto, penetra però e avviva tutte le cose e nessun'anima veramente le resta insensibile.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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