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      Per i profani questa mistica morte è rappresentata come morte della donna. In realtà essa è una specie di assunzione nei cieli della mente e dell'intelletto dell'uomo.
      Riprova. Cino da Pistoia scrive a Dante una poesia per la morte di Beatrice nella quale, seguendo il gioco delle apparenze, si dà l'aria di confortare Dante, ma tra l'uno e l'altro conforto gli dice francamente:
      Di che vi stringe il cor pianto ed angoscia,
      ché dovreste d'Amor sopraggioire,
      ché avete in ciel la mente e l'intelletto?
      Li vostri spirti trapassar da posciaper sua vertù nel ciel...(512)
      Si riconferma così che Dante, in seguito alla morte di Beatrice, ha la mente e l'intelletto nel cielo. E la virtù contemplativa di lui che ha trasceso questo basso mondo. La «spes contemplationis» è diventata contemplazione pura. La sua speme è in Paradiso e Cino dopo aver detto proprio queste parole: ond'è la vostra speme in paradiso, ricorda logicamente che con ciò si è verificato quello che «avea l'angel detto» nella canzone di Dante: Donne ch'avete intelletto d'amore, nella quale con tanta nuova profondità di stile si diceva semplicemente che colei che è quaggiù «spes aeternae contemplationis» deve lasciare il mondo e uscire da noi, morire, per diventare contemplazione vera, per andare a «mirare gloriosamente nella faccia di Dio».
      XXX. Nei capitoli che seguono e per tutto il rimanente della sua vita, Dante continua naturalmente a considerare Beatrice come morta. Ma l'uso comune del polisenso «morte di Madonna» gli permette di trarre da questa morte di Beatrice motivi nuovi e diversi.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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