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      ch'entrar no i puote spirito benegno.
      Ma nel momento in cui egli chiama Beatrice dicendo: «Or se' tu morta», è confortato da lei, che dunque vive: «Mentre ch'io la chiamo me conforta».
      Dante manda ancora questa canzone alle donne e alle donzelle, agli adepti; ma certo nel frattempo è cominciata una grande crisi dissolvitrice nella setta, perché Dante sembra confondere le parole riguardanti la morte di Beatrice nel senso mistico, con parole che riguardano piuttosto uno stato d'abbandono e di desolazione generale intorno alla santa idea.
      La confusione non solo si produceva spontaneamente per l'uso dell'unico termine di gergo per cose diverse, ma doveva essere favorita come magnifico artificio per trarre in inganno la «gente grossa».
      XXXII. Accade ora qualche cosa non facile a spiegare nel senso letterale e alquanto oscuro anche in quello allegorico. Viene a Dante uno che egli dice «amico a me immediatamente dopo lo primo e... tanto distretto di sanguinitade con questa gloriosa, che nullo più presso l'era». Egli prega Dante che gli faccia una poesia «per una donna che s'era morta; e simulava sue parole, acciò che paresse che dicesse d'un'altra, la quale morta era certamente».
      Questo «morta era certamente» si potrebbe dire un lapsus del poeta, dal quale dovremmo indurre che Beatrice non era morta certamente, cioè nel vero senso della parola.
      Dante si accorge dell'intenzione dell'amico, si accorge che quegli, fingendo di parlare di un'altra donna morta, vuole che Dante gli faccia una poesia per Beatrice morta.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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