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      Allo stesso modo risponde con versi insulsi nel sonetto: Non canoscendo amico vostro nomo e ad altri sonetti che Dante da Maiano gli ha mandato anonimi. Tutto ciò non ha molta importanza e neppure è molto importante la stanza: Lo meo servente core che Dante manda a Lippo perché «la rivestala e tegnala per druda», cioè probabilmente perché la rivesta o la faccia rivestire di note musicali (XLVIII-XLIX).
      L. Importante è invece la canzone: La dispietata mente che pur mira, la quale sembra invocare molto appassionatamente quel tale saluto che a Dante era stato negato.
      . . . . . . . . . . . . . . .
      Piacciavi di mandar vostra salute,
      che sia conforto de la sua virtute...
      Se dir voleste dolce mia speranza,
      di dare indugio a quel ch'io vi domando,
      sacciate che l'attender io non posso.
      Dante continua dicendo stranamente: «Dar mi potete ciò che altri non m'osa». Ma nell'ultima parte il pensiero diventa molto involuto per esprimere l'idea che il saluto (probabilmente un conforto epistolare che Dante chiede alla setta e che tiene luogo, per l'adepto lontano, della funzione rituale) dev'essere mandato con molta cautela. I messi d'amore che soli sanno aprire il cuore e senza i quali la «salute» potrebbe essere dannosa al poeta «nella sua guerra», sembrano significare le espressioni caute del gergo senza le quali una lettera potrebbe veramente far danno a Dante che doveva trovarsi, appunto, nella sua guerra, in condizioni d'avere particolare bisogno della setta pure dovendo usare la massima prudenza.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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