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      Quando m'apparve poi la gran biltateche sì mi fa dolere,
      donne gentili a cu'i' ho parlato,
      quella virtù che ha più nobilitate(528),
      mirando nel piacere(529),
      s'accorse ben che 'l suo male era nato;(530)
      e conobbe 'l desio ch'era creato(531)
      per lo mirare intento ch'ella fece;
      sì che piangendo disse a l'altre poi:
      «Qui giugnerà, in veced'una ch'io vidi(532), la bella figura,
      che già mi fa paura(533);
      che sarà donna sopra tutte noi(534),
      tosto che fia piacer de li occhi suoi (535)».
      Il congedo della canzone si volge ancora, naturalmente, alle «giovani donne» (adepti) che hanno «la mente d'amor vinta e pensosa» (si noti quel pensosa) per raccomandare a loro le sue poesie d'amore dovunque siano e finisce alludendo ancora con molta grazia alla mistica morte:
      E 'nnanzi a voi perdonola morte mia a quella bella cosa
      che me'(536) n'ha colpa e mai non fu pietosa.
      LXVIII. Spiegata questa canzone ed entrati nel concetto della morte mistica, riesce facile e aperta anche l'altra canzone: Lo doloroso amor che mi conduce, che non è altro se non previsione del fatto «ch'io cadrò freddo e per tal verrò morto». Si capisce come il motivo della mistica morte fosse ripreso spesso e largamente adoperato, perché si prestava perfettamente ad avere un'apparenza erotico-romantica.
      LXIX-LXXII. Il sonetto: Di donne io vidi una gentile schiera, è celebrazione del rito del saluto e ne abbiamo già parlato. Seguono altri sonetti: Onde venite voi così pensose? - Voi donne che pietoso atto mostrate, - Un dì sen venne a me Malinconia, scritti nel momento della crisi della setta ed esprimenti le gravi preoccupazioni dell'ora.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





Malinconia