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      Il primo è molto interessante perché Dante riafferma di mostrarsi in questa canzone molto umile, più umile di quanto non converrebbe ai suoi meriti:
      Canzon mia bella, se tu mi somigli,
      tu non sarai sdegnosatanto quanto a la tua bontà s'avvene.
      Ma la cosa strana è che questa canzone, puramente d'amore, è mandata con molta cautela, in modo che arrivi soltanto ai buoni e prende in questi due congedi un aspetto moralizzante e di parte e contiene allusioni che evidentemente non hanno nulla a che vedere con l'amore nel senso letterale.
      Il poeta dice alla sua canzone:
      Se cavalier t'invita o ti ritene,
      imprima che nel suo piacer ti metta,
      espia, se far lo puoi, de la sua setta,
      se vuoi saver qual'è la sua persona;
      ché 'l buon col buon sempre camera tene.
      Ma elli avven che spesso altri si gettain compagnia che non è che disdetta
      di mala fama ch'altri di lui suona:
      con rei non star né a cerchio né ad arte,
      ché non fu mai saver tener lor parte.
      Canzone, a' tre men rei di nostra terrate n'anderai prima che vadi altrove:
      li due saluta e 'l terzo vo' che provedi trarlo fuor di mala setta in pria.
      Digli che 'l buon col buon non prende guerra,
      prima che co' malvagi vincer prove;
      digli ch'è folle chi non si rimoveper tema di vergogna da follia;
      che que' la teme c'ha del mal paura,
      perché, fuggendo l'un, l'altro assicura.
      Che cosa c'entrerebbe appiedi di questa poesia, se fosse puramente d'amore, questa raccomandazione di spiare della setta del lettore e questo parlare d'associazioni tra cattivi e tra buoni? Come potrebbe questa canzone d'amore assumere l'ufficio di trarre fuori da una mala setta uno dei suoi destinatari?


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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