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      Quest'invito alla pace («Digli che 'l buon col buon non prende guerra, / prima che co' malvagi vincer prove») non riguarda evidentemente qualche conflitto sorto dentro o intorno a un gruppo, e qualche buono che si era gettato in una mala setta e voleva imprender guerra coi buoni? E se si trattava soltanto di sette politiche, di questioni di bianchi e di neri e simili, che senso avrebbe avuto lo scrivere una poesia in lode d'una donna per commuovere il destinatario o per pacificarlo? Chi non sente l'assurdità che si parli semplicemente d'amore per una donna in questa canzone, quando le si dà per compito di cavar fuori un tale da una mala setta?
      Certo tutto questo fa ripensare ai tumultuosi momenti della setta e, per esempio, al contrasto di essa con Guido Cavalcanti che Dante continuò sempre a invocare come amico, dolendosi fino all'ultimo del suo allontanamento. Chi sa che non fosse proprio il Cavalcanti che non si rimuoveva «per tema di vergogna» da qualche sua follia, forse proprio da quel suo disdegno per Giovanna, cioè per Beatrice, cioè per la Sapienza santa? Si comprenderebbe allora perché la lode di Beatrice (cioè di Giovanna) potesse richiamarlo alla Sapienza santa, alla setta dei buoni e trarlo fuori di mala setta.
      Non si possono però affermare certe cose in questo complesso di allusioni a fatti che non conosciamo. Forse il destinatario fu un altro. Certo però è che in questa poesia l'amore e la donna sono indiscutibilmente simbolici e sono concetti legati alla vita iniziatica di un gruppo.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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