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      si mostra tutto a noi per lo grand'arconel qual ciascun di sette fa poca ombra:
      e però non disgombraun sol penser d'amore, ond'io son carco,
      la mente mia, ch'è più dura che petrain tener forte imagine di petra.
      Continua la descrizione dell'inverno. La nebbia avvolge tutto e poi diventa «fredda neve e noiosa pioggia». L'aere piagne e amore (si noti la buffa immagine) a causa del vento che poggia deve ritirare le sue ragne, le sue reti, in alto. Abbiamo al solito il vento che dà noia o si oppone all'amore. Ma l'amore pur ritirando in alto le reti per via del vento, non abbandona Dante che resta fedele alla sua bella donna (quella amata: la setta), che in questo punto è detta crudele perché costringe il poeta alla dolorosa lotta contro Pietra e contro l'inverno che Pietra ha generato.
      Levasi de la rena d'Etiopia
      lo vento peregrin che l'aere turba,
      per la spera del sol ch'ora la scalda;
      e passa il mare, onde conduce copiadi nebbia tal, che, s'altro non la sturba,
      questo emisperio chiude tutto e salda;
      e poi si solve, e cade in bianca faldadi fredda neve ed in noiosa pioggia,
      onde l'aere s'attrista tutto e piagne:
      e Amor, che sue ragneritira in alto pel vento che poggia,
      non m'abbandona; sì è bella donnaquesta crudel che m'è data per donna.
      La terza strofe è tragica nella sua efficacia. Tutti gli uccelli (tutti gli adepti) sono fuggiti(553). Sono gli uccelli che seguono il caldo. Quelli che non sono fuggiti «han posto alle lor voci tregue», non cantano più d'amore, non osano più far versi d'amore celebrando la Sapienza santa e aspettano di cantare al tempo verde (quando torneranno tempi più favorevoli). Si rammenti


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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