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      Premetto che il Rossetti vide in queste tre donne tre sette contemporanee alla «setta d'Amore», e precisamente la setta Albigese, quella dei Templari, quella dei Ghibellini, la quale ultima per me non può essere chiamata «setta» che con grave improprietà.
      Naturalmente la critica positiva ha sempre ignorato (non dico discusso) quest'idea e ha dato interpretazioni della canzone come quella del Carducci, che sono (sia detto con tutto il rispetto) talmente superficiali e ripetono così da vicino ciò che è quasi ovvio alla prima lettura, che se fossero interpretazioni giuste renderebbero addirittura ridicolo il congedo di Dante:
      Canzone, a' panni tuoi non ponga uom mano,
      per veder quel che bella donna chiude.
      Quel che bella donna chiude, cioè il senso recondito della canzone, se si trattasse veramente delle tre virtù nominate Larghezza, Temperanza e Drittura che sono sbandite e infelici, sarebbe addirittura identificato col senso letterale e apparente e quindi l'ammonimento di Dante, a non osare nemmeno di sollevare il velame, sarebbe addirittura sciocco.
      Io ritengo per conto mio immensamente più seria e più profonda l'intuizione del Rossetti che, anche in questo fu seguìto dall'Aroux. Si tratta di tre sette affini, ma pure diverse dalla setta dei «Fedeli d'Amore» che vengono a contatto con essa. Ma credo che il Rossetti e l'Aroux si siano troppo affrettati nel determinare di quali sette si tratta.
      Per intendere questa canzone bisogna forse porgere l'orecchio a un altro gioco di Dante nella Divina Commedia.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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