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      Il realismo vaneggiante suole identificare questa colpa con quella per la quale egli fu esiliato. Ma di quella, per Dio!, Dante non si è mai pentito perché non l'ha mai riconosciuta, e proprio pochi versi prima ha gridato sdegnosamente: «L'essilio che m'è dato onor mi tegno». Questa colpa riguarda invece evidentemente il suo temporaneo abbandono della Sapienza santa, di Beatrice, della setta, colpa della quale Dante, tornato fervorosamente alla setta in questo momento tragico di lotta e di persecuzione (forse quando ha avuto la visione della sua Beatrice ancora vestita di sanguigno), si è ben pentito.
      E io, che ascolto nel parlar divinoconsolarsi e dolersi
      così alti dispersi,
      l'essilio che m'è dato onor mi tegno:
      ché, se giudizio o forza di destinovuol pur che il mondo versi
      i bianchi fiori in persi,
      cader co' buoni è pur di lode degno.
      E se non che de gli occhi miei 'l bel segnoper lontananza m'è tolto dal viso,
      che m'have in foco miso,
      lieve mi conterei ciò che m'è grave.
      Ma questo foco m'havegià consumato sì l'ossa e la polpa,
      che Morte al petto m'ha posto la chiave.
      Onde, s'io ebbi colpa,
      più lune ha volto il sol poi che fu spenta,
      se colpa muore perché l'uom si penta.
      I due congedi che seguono riconfermano avanti a qualunque intelletto sano che la spiegazione della canzone non può essere così facile e piatta come hanno preteso di ammannircela i critici della vecchia tradizione, non escluso il Carducci.
      La proibizione a un uomo qualunque d'intendere la canzone, vuol dire evidentemente che essa è in gergo iniziatico e non deve concedere a nessuno «lo dolce pome» del suo significato profondo, salvo che, s'intende, essa non trovi degl'iniziati, «alcun amico di virtù». Allora per gl'iniziati essa deve farsi di color nuovi: e farsi di color nuovi vuol dire trasformarsi interamente nel significato, non vuol dire chiarirsi con delle chiosette come avviene, per esempio, se al posto di Drittura si mette la parola Giustizia, o si dica che la canzone significa la.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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