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      che se con dolce riso è stato mosso,
      lunga fiata poi rimane oscura,
      perché lo spirto non si rassicura.
      Strofe quinta. Così, o Amore della Sapienza santa, tu mi hai ripreso qui in mezzo alle Alpi del Casentino, nella valle dell'Arno, sopra il quale è destinato che tu prenda sempre dominio su di me. (È lo stesso amore di Beatrice che già mi prese lungo l'Arno).Qui tu, Amore, mi tratti a tuo modo, vivo (alla Sapienza) e morto (all'errore) in virtù di quel fiero lume della Sapienza santa che sfolgorando conduce alla (mistica) morte. Ahimè però, qui non sono altre donne (adepti) né genti accorte, iniziate, con le quali comunicare quello che penso e sento, cosicché non posso ricorrere a nessuno per salvarmi dal mio male se costei, la Chiesa, non mi risparmia e mi assale. In questo caso non spero di essere aiutato da nessuno.
      E questa (la Chiesa) sbandeggiata dall'Amore non cura i colpi della setta e il suo petto resiste a ogni strale dell'Amore.
      Così m'hai concio, Amore, in mezzo l'alpi,
      ne la valle del fiumelungo il qual sempre sopra me se' forte:
      qui vivo e morto, come vuoi, mi palpi,
      merzé del fiero lumeche sfolgorando fa via alla morte.
      Lasso! non donne qui, non genti accorteveggio, a cui mi lamenti del mio male:
      se a costei non ne cale,
      non spero mai d'altrui aver soccorso.
      E questa sbandeggiata di tua corte,
      signor, non cura colpo di tuo strale:
      fatto ha d'orgoglio al petto schermo tale,
      ch'ogni saetta lì spunta suo corso;
      per che l'armato cor da nulla è morso;
      Congedo. La canzone è inviata a Firenze per dire che Dante è ormai avvinto da una tale catena (la sua missione poetica e profetica, l'ardente passione per la nuova opera: il Poema Sacro), che anche se richiamato in patria non avrebbe più possibilità di venire.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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