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      Da quando l'Aquila non è più sulla cima dell'albero, da quando l'Impero non è più in Roma, la Chiesa si è corrotta. Quel carro che era il vaso sacro destinato a portare la Sapienza santa (Beatrice), dopo aver accettato il fatale dono delle penne dell'Aquila si è trasformato in mostro orribile, è stato sfondato dal demonio (il dragone) e invece di portare la santa e pura divina Sapienza che gli fu affidata da Cristo, porta una dottrina empia e corrotta, una meretrice asservita ai re della terra, al potere mondano (il Gigante)(580). Se questa è la causa della corruzione del mondo, basterà che l'Impero torni a Roma, che l'Aquila riprenda il suo posto accanto alla Croce, ritolga le sue penne alla Chiesa, si ricollochi in armonia con la Croce (il timone del carro che sta ai piedi dell'albero) sulla cima dell'albero, perché sia con ciò solo ristabilito l'ordine originario della redenzione che è stato violato, l'albero, che è una seconda volta dispogliato, torni a fiorire e sia aperta e facile quella via del ritorno dalla selva oscura alla divina foresta, che oggi è impedita all'uomo per la mancanza di una delle due forze salvatrici.
      La Divina Commedia è precisamente la rappresentazione tragica del viaggio del ritorno dalla selva oscura ove l'uomo è ricaduto, alla divina foresta dell'innocenza, viaggio che, non potendosi compiere per il corto andare della vita finché non tornerà l'Aquila (con il Veltro) a vincere l'ingiustizia (la lupa), che non può essere vinta dalla Croce sola e ostacola la via di salvazione, si deve compiere invece in contemplazione per il merito d'aver sperato nel ritorno dell'Aquila e con il misterioso aiuto dell'uomo che fu sanato dall'Aquila (Virgilio), dell'autorità dell'Aquila (Enea alle porte di Dite, porte dell'ingiustizia), dell'autorità del custode in nome dell'Aquila (Catone), in fine della stessa virtù dell'Aquila, Lucia, prima cooperante con Beatrice (la virtù della Croce) a salvare Dante, poi venuta essa stessa a prenderlo e a portarlo in alto in forma d'Aquila dell'Impero.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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