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      Abbandonò (e tutti dovrebbero ringraziare Iddio di questo fatto) abbandonò il gergo, l'uso faticoso, angoscioso, contorto del parlare doppio e risolse con altro genialissimo modo il problema di dire ciò che gli faceva sentire Amore, senza farsi intendere da coloro che non dovevano intendere: inventò le simmetrie segrete della Croce e dell'Aquila.
      Più di trenta volte pose in simmetria la Croce e l'Aquila, la virtù della Croce e la virtù dell'Aquila, il luogo della Croce e quello dell'Aquila, senza mai nominarle una volta sola insieme: espresse il suo segreto nelle connessioni strutturali, nel suo simbolismo, nelle coppie di simboli, nelle rispondenze di luoghi ove opera la Croce e di luoghi ove opera l'Aquila e così disse nel suo segreto il suo grande pensiero, che oltre alla Sapienza santa, che opera con la Croce (Beatrice), deve operare la Giustizia santa che opera con l'Aquila (Lucia). Seppe dire in così mirabile modo che realmente, per sei secoli, né la Chiesa, che non doveva intendere, né altri, riuscì a intendere, ma nello stesso tempo, trasportando il suo pensiero dottrinale nel piano dello schema simbolico sottostante alla poesia, salvò la poesia dalla contaminazione del gergo.
      Egli stesso e i suoi amici nella poesia d'amore avevano messo poesia e simbolo sullo stesso piano, avevano fatto, non propriamente della poesia simbolica nel vero senso della parola, ma della poesia a doppio senso, che è una cosa diversa. Avevano fatte delle frasi che, lette con sostituzioni di parole, davano il loro significato vero.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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