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      Egli dichiara di non voler più continuare.
      Ma nei tre sonetti v'è un gioco di frasi che naturalmente doveva sfuggire al volgo e per il quale essi vengono a significare cosa alquanto diversa da quella che mostrano a prima vista.
      Si osservi bene il significato di queste quartine:
      Se Dante piange dove ch'el si sia,
      che li concetti del suo alto ingegnoaperti sieno stati al vulgo indegno,
      come tu di', dalla lettura mia,
     
      ciò mi dispiace molto, né mai fiach'io non ne porti verso me disdegno:
      come ch'alquanto pur me ne ritegno,
      perché d'altrui, non mia, fu tal follia.(602)
      Si tratta al solito di far credere che le verità dantesche, come i profondi pensieri dei «Fedeli d'Amore» debbano essere taciuti per disprezzo del volgo che è indegno di conoscerle, ma la frase del quarto verso «Come tu di'» non significa in realtà: «Siano stati rivelati, come tu dici, al volgo», ma «Siano stati rivelati al volgo e in quella maniera (falsata e corrotta) che tu dici». E la conferma di quest'interpretazione si ha in un quarto sonetto nel quale il Boccaccio (senza però qui nominare Dante e la «Commedia») confessa chiaramente a suo sollievo, a suo discarico, a suo sfogo, d'avere solennemente imbrogliato il prossimo con quel Commento.
      La mirabile ingenuità della critica «positiva» crede ancora che queste parole così ardenti di sdegno e di odio, questa compiacenza crudele d'aver lasciato il vulgo «in galea senza biscotto» si possano riferire soltanto al fatto che il Boccaccio aveva interrotto il Commento. Ma sedici canti, se commentati onestamente e seriamente, sarebbero stati più che sufficienti a indirizzare alla vera conoscenza del Poema!


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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