Pagina (561/879)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Bisogna essere sordo nato come un critico «positivo» per credere che questo sonetto sia stato scritto dal Boccaccio soltanto per celebrare l'interruzione del Commento. No, no, egli celebra la solenne beffa che ha fatto a chi lo aveva costretto a parlare di Dante, celebra il fatto che ora il vulgo si crede esser maestro e dotto della Commedia e invece del segreto di Dante non sa nulla, perché il Boccaccio ha solennemente impasticciato il suo commento, e, fingendo di dire, non ha detto nulla e ha lasciato il vulgo in mare a lui non noto. Così il Boccaccio rispondeva veramente e definitivamente all'ignoto accusatore e spiegava che l'oltraggio fatto alle Muse era quello d'aver contaminato con falsi commenti il Poema, non d'aver veramente rivelato il suo segreto alla plebe. La plebe non ne sapeva nulla!
      Io ò messo in galea senza biscottol'ingrato vulgo, et senza alcun piloto
      lasciato l'ò in mar a lui non noto,
      benché sen creda esser maestro et dotto;
      onde el di su spero veder di sottodel debol legno et di sanità voto;
      né avverrà, perch'ei sappia di nuoto,
      che non rimanga lì doglioso et rotto.
      Et io, di parte excelsa riguardando,
      ridendo, in parte piglierò ristorodel ricevuto scorno et dell'inganno;
      et tal fiata, a lui rimproverandol'avaro seno, et il beffato alloro,
      gli crescerò et la doglia et l'affanno.(603)
      Così Giovanni Boccaccio mise «in galea senza biscotto» il vulgo ingrato, ma ci mise anche involontariamente un altro vulgo, quello dei commentatori, che non ha nemmeno sospettato la sua atroce beffa e ha continuato a citare le interpretazioni del Boccaccio come quelle di un «competente» e sulla scorta di questi primi commentatori «Fedeli d'Amore», per i quali il dichiarare apertamente la Divina Commedia avrebbe significato il rogo per la Divina Commedia e per loro, va ancora sviandosi dietro artificiosi commenti fatti per dissimulare la pericolosa verità del Poema, e quindi di questa verità per sei secoli non ha compreso nulla «benché sen creda esser maestro e dotto».


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





Boccaccio Commento Dante Commedia Dante Boccaccio Boccaccio Muse Poema Giovanni Boccaccio Boccaccio Amore Divina Commedia Divina Commedia Poema