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      Quarta pseudo-obiezione. Dante e i suoi compagni non potevano sentire il bisogno di un gergo segreto per parlare contro Roma perché vituperavano apertamente il clero e il pontefice (Schlegel).
      Questa pseudo-obiezione si riduce a una volgarissima confusione fra la critica dei costumi del clero, che la Chiesa naturalmente ha sempre consentito e della quale hanno fatto largo uso anche i Santi, e l'idea dei «Fedeli d'Amore» (contro la quale la Chiesa avrebbe acceso roghi in quantità) affermante che la corruzione morale della Chiesa di Roma e l'usurpazione dei beni temporali le avevano fatto corrompere la predicazione della Sapienza santa che le era stata affidata un giorno, così che i laici ricercavano per conto loro questa Sapienza santa sotto il simbolo della donna amata. Quest'idea (comunque la si voglia considerare ora) sarebbe stata considerata da Bonifazio VIII, da Clemente V e da Giovanni XXII e dai loro inquisitori come idea ribelle nel campo dottrinale, e coloro che combattevano la Chiesa con armi aperte nel campo dei costumi, ove il combattere con armi aperte era consentito, in questo campo dottrinale la combattevano cambiando «le pere a pome» secondo il consiglio di Falsosembiante, perché qui sapevano che avrebbero incontrato l'Inquisizione e il rogo.
      Quinta pseudo-obiezione. È la pseudo-obiezione che diremo parodistica la quale consiste, per esempio, nel far vedere che si potrebbero interpretare come scritti settari le poesie di altri gruppi di poeti che usavano una moda, uno stile comune e certe formule amatorie simili, per esempio gli Arcadi.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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