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      Inoltre il movimento dei «Fedeli d'Amore», movimento che fu evidentemente aristocratico, (basti dire che per la corrispondenza segreta usava di un mezzo così raffinato ed elevato come la poesia), non discese mai verso l'azione se non forse nel momento in cui ritroviamo d'un tratto quasi tutti i «Fedeli d'Amore» ardenti di passione e di speranza intorno ad Arrigo VII.
      La Chiesa si trovò di fronte un movimento che, malgrado la proposta spavalda di Guido Orlandi, il quale voleva far scendere in piazza i «Fedeli d'Amore» armati, a cavallo, a suon di trombe, non raccolse mai né armi né popolo, che non sboccò mai nella ribellione aperta, che fu soffocato in certo modo sotto il suo stesso manto di segretezza (il «negro manto» di Cecco d'Ascoli) o si disperse nella vera passione dell'arte, quando, affievolitasi la fede, l'arte che era stata lo strumento per manifestare la fede, ridiventò fine a se stessa e l'amore vero che aveva nascosto l'amore mistico ridiventò il signore della poesia.
      D'altra parte in quell'enorme groviglio che è costituito dalle sette eretiche del Medioevo più o meno segrete non è facile a noi, ma non doveva esser facile neanche allora, individuare un movimento di quel genere, fluttuante tra le apparenze ortodosse, i cenacoli letterari e chi sa quali occulti contatti con Catari, Patarini, Templari e simili.
      E se anche la Chiesa con un certo ritardo, quando il movimento era in decadenza, fosse venuta a conoscenza di qualche cosa di questo genere che non risultava affatto alla massa, che interesse avrebbe avuto a parlarne lei, a sollevare lei il sospetto di essere stata illusa da coloro dai quali ormai non poteva nulla temere e che per di più nelle forme esterne si erano confessati sempre cattolici ortodossi?


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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