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      (Croce e Aquila!).
      Delle egloghe del Boccaccio non parlo, perché mi par superfluo ripetere che esse sono in gran parte incomprensibili, e nelle parti comprensibili troppo trasparentemente dirette contro la Chiesa di Roma. Chi altro se non la Chiesa di Roma può essere questa?
      O facinus! Meretrix anus et avara Lupisca
      quae nuper glandes oleasque legebat in agrisnunc Coelum violat verbis, et fascinat agnos!(624)
      È la meretrice, come nella Divina Commedia. Lupisca, lupa della cupidigia che un tempo viveva di ghiande (povertà) e di olive (sapienza) e ora vìola il cielo con le sue parole e affascina gli agnelli e che dovrebbe tornare alle ghiande e all'oliva, a quell'oliva della quale invece è circondata la testa di Beatrice! E la «malvagia che dal fiume e dalle ghiande», come diceva il Petrarca, si è ingrandita impoverendo gli altri. Tutte le egloghe del Boccaccio sono in questo tono e d'altra parte egli stesso nella Genealogia degli Dei (libro 14) grida: «O inetta scelleraggine! Chi altri che gl'ignoranti diranno che i poeti abbiano fatto le favole semplici e che non contengono altro che l'esteriore?»... «Chi appresso sarà tanto sciocco che stimi il famosissimo e cristianissimo uomo Francesco Petrarca, avere speso tante vigilie, tante fatiche, tante notti, tanti giorni, tanti studi nella sua buccolica, solamente per la grazia del verbo e l'eleganza delle parole? E per fingere che cantassero insieme Panfilo e Mitione e altri spensierati pastori? E che Gallo dimandasse a Tirreno la sua fistula?


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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