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      Queste trasformazioni sono precisamente sette. Dapprima il poeta per effetto dell'amore si trasformò «d'uom vivo in lauro verde», poi prese «col suon color d'un cigno», poi fu fatto «d'uom quasi vivo e sbigottito sasso», poi tornò uomo, poi finalmente divenne «una fontana a piè d'un faggio».
      Chi udì mai d'uom vero nascer fonte?
      E parlo cose manifeste e conte.
      Naturalmente Madonna ne ha avuto poi pietà e lo ha ridotto al primo stato, sennonché un'altra volta ha visto la donna ignuda nella fonte, e allora essa lo ha trasformato in cervo solitario e vago.
      E tutte queste cose il poeta ce le dà per «manifeste e conte», ma il loro sapore simbolico e iniziatico è troppo evidente, specie quando vediamo questa canzone ricollegata dal Petrarca stesso alle altre canzoni simboliche che ben conosciamo.
      Ma nel Canzoniere esistono anche dei sonetti che si distaccano evidentemente dagli altri per il loro manifesto simbolizzare; uno tra gli altri è notevolissimo, perché le spiegazioni letterali che se ne sono date sono di un'inaudita goffaggine: è il sonetto 138 in vita di madonna Laura. Lo riproduco con il commento che ne dà il Rossetti e che ognuno può confrontare con il commento ordinario.
      Una candida cerva sopra l'erbaverde m'apparve, con duo corna d'oro,
      fra due riviere, all'ombra d'un allorolevando 'l Sole, alla stagion acerba.
      Era sua vista sì dolce superbach'i' lasciai per seguirla ogni lavoro;
      come l'avaro, che 'n cercar tesorocon diletto l'affanno disacerba.
      «Nessun mi tocchi», al bel collo d'intorno


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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