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      Viceversa esso si chiude con lo scoppio della ribellione aperta contro la Chiesa, il che basterebbe a distruggere quella presunzione che la Chiesa abbia sempre visto, sempre perseguitato, sempre distrutto, presunzione contro la quale stanno del resto le nostre chiare conoscenze storiche.
      La Chiesa in lunghissimi periodi e in molti paesi non poté o non volle perseguitare e vi furono moltissimi casi nei quali non credette di andare a fondo ai suoi sospetti. Basti pensare alla forza che aveva lasciato prendere agli Albigesi in Provenza alla fine del secolo XII e ai Catari in Italia verso la metà del secolo XIII. Non solo, ma non è nient'affatto necessario che essa, che ha combattuto Federico II come eretico ghibellino, Dante come scrittore di «cose eretiche» nella Monarchia, e che ha bruciato il «Fedele d'Amore» Cecco d'Ascoli, dovesse per forza scoprire subito anche il legame che passava fra loro sotto il velo della poesia d'amore, che allora, si noti bene, girava in forma per lo più dispersa e spesso anonima. Né la Chiesa ci ha lasciato memoria di tutti i suoi sospetti e finché essa non è arrivata a una condanna di questi movimenti non ne sapevamo nulla, anzi, neanche di tutte le sue condanne abbiamo notizie da lei, come non sappiamo nulla da parte della Chiesa, dell'abbruciamento della Monarchia di Dante e del processo intentato contro i poeti dall'inquisitore di Firenze, Fra Marco Piceno.
      La sola affermazione di fatto giustificata è che la Chiesa non arrivò a una condanna collettiva di questo gruppo occulto.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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