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      Il Boccaccio della «gente grossa» e il Boccaccio vero. Quanto alle facili ironie che fa il Vicinelli sulle idee segrete contenute nel Decamerone credo ch'egli farebbe meglio a dirci: 1. Se i tratti osceni del Fiore gl'impediscono d'essere un romanzo simbolico. 2. Se i tratti non solo sensuali ma notoriamente omosessuali della poesia persiana le impediscono d'essere poesia mistica. 3. Se i tratti osceni dell'Asino d'oro di Apuleio gl'impediscono d'essere un romanzo d'esaltazione mistica e iniziatica. E infine farebbe meglio a darci lui l'interpretazione vera della poesia di Lauretta nella quarta giornata, della quale il Boccaccio dice chiaramente che ha un «profondo e sublime» significato quantunque alcuni l'intendessero (e a me par che l'intendano ancora) «alla melanese».
      In verità siamo talmente oppressi dalle idee fatte e dalle classificazioni pietrificate della scuola e della mezza cultura che ci vorrà del tempo a far capire che certi presupposti: «Questo non può essere mistico perché è sensuale»; «Questo non può contenere idee profonde perché è lubrico nella materia» ecc., sono un triste effetto della ristrettezza delle nostre conoscenze storiche e di una vieta mentalità scolastica.
      La pretesa chiarezza della canzone «Donne ch'avete intelletto d'amore». Secondo il Vicinelli Dante afferma che «per intendere la sua canzone Donne ch'avete intelletto d'amore basterebbe "un po' d'ingegno"». Dante dice veramente: «Chi non è di tanto ingegno che... la possa intendere a me non dispiace se la mi lascia stare». Il che vuol dire, secondo me, non «un po' d'ingegno» ma «molto». Non solo, ma le frasi «avere ingegno», «avere intelletto», «avere intendimento» sono proprio le frasi comunemente usate dai «Fedeli d'Amore» che non potevano evidentemente dire: «essere iniziati». E quanto a quella poesia è stato già osservato che il suo significato letterale è talmente chiaro che non ci vuol davvero ingegno né molto né poco per capirlo, e il significato profondo, quello che Dante temeva si potesse rivelare a troppi («io temo d'avere a troppi comunicato lo suo intendimento s'elli avvenisse»), mi sa dire il Vicinelli chi lo abbia mai spiegato in maniera seria, al di fuori del Rossetti del Perez e del Pascoli?


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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