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      Ma legga egli i terribili sonetti di Cecco d'Ascoli e vedrà che se i «Fedeli d'Amore» dovevano amare «la bella vista coverta d'un velo», se dovevano «farsi ciechi senza esserlo», se dovevano avere «nell'alma guerra e nella bocca pace» non era per solo disdegno della plebe, ma perché «la setta che il vizio mantene» dominava e costringeva a tace-re, e legga il Vicinelli le parole di Dante dove si parla del «gran tiranno» che spande il suo veleno per il mondo e chemesso ha di paura tanto gelo
      nel cuor dei tuoi fedei (o Dio) che ciascun tace...
      (Opere, p. 112)
      E legga il Vicinelli queste altre parole del Boccaccio e sentirà che non si trattava di scrivere oscuro solo per allontanarsi dai laici, ma addirittura di tutto un substrato di pensieri che correva sotto le parole dei poeti: «O inetta scelleraggine! Chi altri che gl'ignoranti diranno che i poeti abbiano fatto le favole semplici e che non contengono altro che l'esteriore? ... Chi appresso sarà tanto sciocco che stimi il famosissimo e cristianissimo uomo Francesco Petrarca, avere speso tante vigilie, tante fatiche, tante notti, tanti giorni, tanti studi nella sua Buccolica, solamente per la grazia del verso e l'eleganza delle parole? E per fingere che cantassero insieme Panfilo e Mitione e altri spensierati pastori? E che Gallo dimandasse a Tirreno la sua fistula? Potrei addurre anche i miei versi buccolici, del cui sentimento io sono consapevole, ma ho giudicato tacerne» (Genealogia degli Dei, libro XIV). Ora non si tratta soltanto d'essere difficili, ma di offrire al pubblico una superficie nascondendo ben altro sotto di essa.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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