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      Tutte cose alle quali... è meglio non badare, non è vero? Ci sono quei sonetti delle antologie... meglio badare a quelli!
      È questo il modo d'impostare scientificamente, obiettivamente un problema di tale importanza? Voltar la testa dall'altra parte avanti a documentazioni, si può dir nuove e irrefragabili, come questa e ricantarsi i due o tre sonetti imparati a scuola che hanno un senso apparente ben riuscito? Può essere metodo abile, perché al solito, la massa più o meno ignorante dei lettori quei sonettini li sa a memoria, e seguita volentieri a ridirseli come li ha imparati, mentre a leggere I Documenti d'Amore non ci va davvero (e ho sospetto che non ci sia andato neanche il Vicinelli, ché non avrebbe potuto non riportarne un'impressione profonda e nuova e non sentire il bisogno almeno di pensarci su). Può essere anche metodo adatto per passare a buon mercato avanti alla «gente grossa» come persone di gusto fine e come difensori della poesia (contro il poeta Rossetti e contro il poeta Pascoli che, poverini, di poesia non se ne intendevano!), ma metodo per impostare e risolvere seriamente un problema storico non è!
      Le obiezioni di Giovanni Costa
      Giovanni Costa ha pronunciato giudizio rispettoso ma sfavorevole sulla mia tesi, in «Bilychnis» (novembre 1928). Dalle sue pregiudiziali vaghe e dalle ripetizioni certo non probanti del senso letterale di questo o di quel sonetto fatte senza tener conto del senso dell'assurdo che erompe dal complesso, dal tono e dall'insensatezza generale di tutte queste poesie, estraggo le poche obiezioni concrete.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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