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      Dice il Costa che secondo me «rosa dev'essere la rosa mistica in tutti i modi, la rosa-croce e via dicendo. Ma perché, se le "Rosine" sono di tutti i giorni?» Rispondo: sì, ma quelle Rosine di tutti i giorni hanno vicino delle Mariette e delle Violette, ecc.; la Rosa del periodo delle origini è stato l'unico nome di donna amata in versi per cinquant'anni ed era nome di significazione mistica in tutta la poesia dell'Oriente e nel Roman de la Rose, ed è diventata «Candida rosa» e «Bianco Fiore» e se, come il Costa dice altrove, tra gli attributi della Vergine vi era quello di «rosa» prima del secolo XIV, egli non dimostra davvero che prima che i «Fedeli d'Amore» cantassero la «Rosa di Sorìa» e «la candida Rosa», la Vergine abbia avuto l'attributo di Rosa Mystica.
      Un'ultima interpretazione tenta il Costa e che mi sembra veramente assurda. Cecco d'Ascoli, bruciato come eretico, accusò Dante, del quale era stato compagno nel culto per l'Amore e dal quale si era distaccato, di poca fede e disse che era andato all'inferno. «Là lo condusse la sua fede poca». Fatto d'enorme importanza! Di fronte a questa testimonianza il Costa tenta di spiegare che questa fede poca sarebbe quella sua virtù poco possente della quale Dante dubita nel secondo canto dell'Inferno e «che lo costrinse a passare dall'inferno». A parte l'inconsistenza di questa spiegazione, il Costa non si accorge, che, secondo Cecco d'Ascoli, Dante all'Inferno ci andò e ci restò.
      Ne li altri regni dov'andò col duca,
      fondando li soi pedi en basso centro


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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