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      e sappiti mostrar Francesco e Rodico.
      Il Sapegno trova sforzato il mio ravvicinamento del Rodico con Rodi e quindi con Cipro e coi Templari. Può darsi. Il Quadrelli, aderendo completamente alla mia tesi, ha già proposto come vedremo una spiegazione anche più ovvia, ma al Sapegno sfugge che in questo sonetto non sono le parole del gergo che hanno importanza, ma l'evidente aria di sottinteso, di congiura, di accordo segreto, di consiglio d'assumere aspetto duplice e di saperlo ben tenere, che passa tra l'eretico «Fedele d'Amore» Cecco d'Ascoli, e Dante Alighieri, o (se gli piace il cavillare opportunamente sulle attribuzioni) tra due «Fedeli d'Amore» qualunque.
      Non so che cosa significhi virtù dalmatica: non so questa e molte altre cose, ma quando getto il mio sguardo sopra un mondo segreto e riconosco che è un mondo di gente che ha grandissime ragioni per non farsi intendere e spesso allude a fatti tragici e ignoti, io mi riserbo tranquillamente il diritto di non intendere; ma questo diritto non lo riconosco a quei tali che credono che tra questa gente passassero chiacchierette sull'amore, notiziette sulle varie Pinelle, giovani di Pisa. Il Sapegno si riserva anche lui il diritto di ridurre a fatti contemporanei ignoti le oscurità dei «Fedeli d'Amore», ma viceversa egli deve riconoscere che non solo c'erano dei fatti ignoti, ma che se ne parlava in gergo speciale. E quando è arrivato a questo, che basterebbe a dimostrare che se non tutta, una parte della poesia era in gergo, si consola affermando con cavilletti puerili che neanch'io capisco proprio tutto e sempre!


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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