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      Nessuno ignora, e sotto questo rapporto certe dimostrazioni del Bertoni rimangono perfettamente a posto, che l'amore si combinò con elementi filosofici e metafisici. A chi lo ignorasse basterebbe leggere il Convivio di Dante. Il fatto non visto e non esaminato dal Bertoni, anzi da lui, come abbiamo detto, negato senza sufficiente esame, è che la donna appare a un certo punto come divina Intelligenza, che in questo combinarsi e complicarsi d'espressioni erotico-metafisiche non solo ci si rivela una tumultuosa organizzazione d'innamorati e una direttiva politico-religiosa, ma anche addirittura un gergo del quale è almeno in alcuni casi impossibile negare la presenza, tutte cose che alterano e rendono assolutamente inadeguata la soluzione dell'amore idealizzato e del semplice amore-dottrina.
      Quando il Sapegno, dopo avermi ripetuto la lezione universitaria un po' vecchia sullo stil novo, conclude che «il sentimento che spinge l'amante verso la donna amata è moto dell'anima verso la sua perfezione, tendenza al sommo bene, del quale la bellezza terrena è ombra e vestigio», dice cosa non nuova certo e che può essere verissima, ma il problema comincia qui, consiste nel sapere in che rapporto sta questo vago sommo bene con la verità religiosa, in che rapporto sta con la morte che gli si oppone (la quale non si è mai opposta al sommo bene), con le acerbe contese tra i «Fedeli d'Amore», che viceversa cercherebbero tutto il sommo bene, in che rapporto sta con l'Imperatore che tutti aspettano, col Papa corrotto che tutti odiano, con la calata di Arrigo VII per la quale tutti si eccitano, con la verità che si ama, ma copertamente, e per la quale Cecco d'Ascoli dice di morire, con la vedova di Francesco da Barberino, della quale egli e altri erano fedeli e che illuminava i suoi seguaci ma della quale non era lecito di descrivere il viso, con il gergo che poche pagine prima il Sapegno ha dovuto riconoscere che esiste, contentandosi di sofisticare inconsistentemente sulle mie spiegazioni, con tutto quel fervore di rapporti personali, ora amichevoli, ora aspri, incomprensibili quasi sempre, con quei tali «saggi e coverti» che sarebbero stati solo capaci d'intendere certe poesie, cose tutte che per noi testimoniano concordemente nella loro convergenza l'esistenza di un'unità iniziatica che ha utilizzato questi raccostamenti tra l'amore, il misticismo, la filosofia e la politica, unità iniziatica che viene dimostrata all'evidenza solo che le parole di quel gergo, che è innegabile in alcune poesie non spiegate mai, si estendano a spiegare anche quelle apparentemente più chiare.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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