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      Questa donna che io amo è semplicemente sembianza di cosa celeste appartenente al regno divino, amo il raggio della divina Intelligenza. Infatti ha detto poco prima che la bella donna «dovrebbe dare il vero come l'intelligenza de lo cielo». Se per drammatizzare questo processo e renderlo patetico (e si confessi che è una delle pochissime volte che viene fuori un tratto veramente patetico) il Guinizelli ha messo apparentemente il rimprovero sulla bocca stessa di Dio, ciò può essere preso esclusivamente alla lettera soltanto da chi, come il Sapegno, abbia chiuso volontariamente gli occhi avanti alla dichiarazione dello stesso Guinizelli che egli aveva reso oscuri li plagenti detti dell'amore, volontariamente oscuri, perché l'uomo che è saggio non dice troppo apertamente il suo pensiero, perché «volan per l'aere augei di strana guisa, né tutti d'un volar né d'un ardire», concludendo che voleva parlare oscuro perché «ciò ch'uom pensa non dee dire».
      Prender le parole di un tal poeta soltanto nel senso letterale e costruire sopra una sola strofa così interpretata delle teorie, vuol dire costruire sulla sabbia.
      L'altro sonetto nel quale secondo il Sapegno apparirebbe il contrasto tra la donna e Dio (ma a dire il vero, più propriamente, non tra la donna e Dio ma tra il culto della bellezza e quello della virtù morale) sarebbe quello «Due donne in cima de la mente mia». È necessario che io lo riporti:
      Due donne in cima de la mente miavenute sono a ragionar d'amore:
      l'una ha in sé cortesia e valore,


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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