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      prudenza e onestà in compagnia;
      l'altra ha bellezza e vaga leggiadria,
      adorna gentilezza le fa onore:
      e io, merzé del dolce mio signore,
      mi sto a piè de la lor signoria.
      Parlan bellezza e virtù a l'intelletto,
      e fan quistion come un cor puote stareintra due donne con amor perfetto.
      Risponde il fonte del gentil parlarech'amar si può bellezza per diletto,
      e puossi amar virtù per operare.
      Ho detto nel mio libro che in questo sonetto Dante, che ha costruito tutto il suo mondo morale e perfino materiale sotto l'armonico dominio della Sapienza e della Giustizia (Croce e Aquila, Beatrice e Lucia), ha voluto rappresentare lo stato perfetto dell'anima su cui regnano compagne e concordi queste due sante potenze delle quali l'una si esprime nella Chiesa, l'altra nell'Impero. Il Sapegno dice invece che sono semplicemente «bellezza e virtù» o meglio due diverse concezioni della vita e dell'amore, in particolare fondate, l'una sul culto della bellezza, l'altra su quello della virtù, e aggiunge che in questo sonetto «riappare anche una volta il conflitto caratteristico del dolce stil novo, conflitto tra una visione del mondo prevalentemente estetica e una visione del mondo assolutamente morale e religiosa, tra l'amore inteso nel suo significato più ristretto come vincolo che ci lega a un donna, e l'amore inteso nella sua più larga comprensione come tendenza a realizzare il Bene nella sua perfezione infinita».
      Egli dice che non v'è ragione alcuna di non prestar fede a Dante. Intanto non osserva che queste due virtù, (proprio come la Croce e l'Aquila nella Divina Commedia) hanno sotto di sé quattro e tre virtù rispettivamente, che facilmente adombrano le quattro virtù cardinali e le tre teologali, proprio col gioco che si ha in un sonetto analogo del Boccaccio dove si dice che amore vuol fede e con lui sono legate speranza, timore, gelosia, leanza, umanitade, che rifanno ancora tutte insieme le sette virtù con l'amore al posto della carità (vd. p. 405) [XII, 1].


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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