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      E infatti è di Guido Cavalcanti il pensiero cui allude Bacciarone:
      E senza lui non mai nullo pervene,
      dicono a cosa possa avere onore.
      e che sarebbe, secondo l'interpretazione della scuola quell'amore purissimo, idealizzato, il fine supremo della vita, ecc.!
      Il Sapegno dice che questo è semplicemente un «mediocrissimo verseggiatore» (mediocre o non mediocre non ce ne importa nulla in questo caso), che si leva contro le miserie morali, i compromessi e le ipocrisie che la concezione dell'amore, com'era intesa dai poeti del dolce stil novo, nascondeva veramente, coprendoli d'una luce di vaga spiritualità. Perciò è naturale che Bacciarone dica che l'amore l'aveva condotto a taleche parenti e amici aveva in obbria
      e quasi Dio venia dimenticando,
      e che esso, oltre tutti gli altri danni che reca con sé, «questa vita tolle e l'etcrnale», ealma fa, corpo, aver, tutto affondare:
      d'ogni dunque reo male è fondamento.
      Con ciò il Sapegno viene a dire (ecco a che cosa possono portare gli stiracchiamenti dovuti alla necessità polemica!) che i poeti del dolce stil novo erano veramente un gruppo di canaglie ipocrite e che, non secondo il giudizio di un dissidente irato per oscure ragioni settarie, ma proprio per la loro condotta morale si meritavano tutti questi insulti nei quali, si noti, non s'accenna mai neppur lontanamente a un contrasto tra una pretesa idealità e una pratica corrotta come inventa il Sapegno, ma proprio a un'iniqua legge dell'amore, a una sua essenza malefica, come vi si parla addirittura di un gruppo di gente che fa proseliti: «Non già me coglieranno a quella setta»!


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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