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      Egli aggiunge: «Non vediamo che cosa ci potrebbe indurre a credere, come vuole il Valli, che con esso Dante voglia semplicemente informare qualcuno che a Bologna (vecchio centro della setta) non ha potuto vedere o avvicinare la setta più importante che vi fosse». Questo suo non vedere conferma semplicemente quanto ho detto in principio che cioè il Sapegno non ha letto il mio libro fino in fondo, perché nella nota aggiunta dedicata proprio a questo sonetto io ho spiegato come si svolgesse in quel tempo l'aspro dissidio intorno all'Amore e intorno a una donna unica che ciascuno dei due pretendeva d'amare bene, tra Cino da Pistoia e Gherarduccio Garisendi. E questa presenza di un Garisendi nel conflitto è proprio quello che ci fa suppone il legame tra quel conflitto e il sonetto di Dante, ma è un fatto che il Sapegno non ha letto o non vuol riferire.
      Il non-vedere del Sapegno persiste attraverso tutto l'esame e bisogna dire che egli sia stato bene abituato dalla tradizione della scuola a non vedere e a non voler vedere. Quando a proposito della canzone «Io sento sì d'amor la gran possanza» io mostro che i due congedi, che alludono esclusivamente e velatamente a scopi morali e politici, rivelano nella canzone stessa un'intenzione che non è quella di fare uno sfogo amoroso, come apparirebbe dal senso letterale, egli (con alcuni opportunissimi dubbi sollevati sull'autenticità di uno dei due congedi) mi dice che «chi legge l'intera canzone è costretto a supporre piuttosto un contrasto tra il corpo della poesia e il commiato, che non a dedurre dal tono del commiato una significazione non amorosa di tutta la lirica». Avete capito?


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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