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      Non basta ritrovare il senso più o meno plausibile di un sonetto attraverso mille stiracchiature. È il senso della melensaggine, dell'incomprensibilità generale di questa poesia quello che grida ancora che il problema non è risolto.
      A volte voi potete, stirando di qua e di là, arrivare a riconoscere un senso passabile in ogni frase di una poesia, ma l'insulsaggine dell'insieme della poesia costituisce ancora un problema diverso e insoluto e l'insieme poi di tutte queste insulsaggini e di tutte queste stranezze genera quel senso di assoluta insoddisfazione che ci lascia tutta questa poesia là dove è rabberciata; insoddisfazione che può naturalmente non turbare i filologi devoti della lettera e gli esteti che si tengono alle poche poesie belle e le altre non le leggono, ma che ha turbato sempre (come dimostrerò anche con notevoli testimonianze in questo stesso libro) coloro che, avendo un po' di senso d'arte si sono accostati alla massa delle poesie dei «Fedeli d'Amore».
      E non basta. Quando la scuola tradizionale ha consumato tempo e cervello a tentare rammendini e rappezzature qua e là in un perpetuo conflitto d'interpreti, questa fatica di Sisifo finisce nel più completo insuccesso per un'altra ragione. Si arriva gradatamente, come ho detto, dalle poesie quasi chiare a quelle assolutamente, disperatamente in gergo. Il sasso di Sisifo rotola giù di nuovo in fondo all'abisso! Che giova aver fatto tanti rammendini del senso superficiale quando esso è in tanti punti irrimediabilmente squarciato e non ci si prova più nemmeno a rappezzarlo?


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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