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      Ma non è soltanto per queste curiosità metodologiche che il passo del Croce m'interessa. Ho ricordato come nel 1921 il Croce giudicasse la teoria del Rossetti: «Rivelazioni... sul genere di quelle bandite dal Rossetti... ci svelerebbero un Dante poco sano in una parte del suo cervello». Una buona risata e via!...
      Ora la rivelazione del Rossetti è fondamentalmente proprio questa: che la moda della poesia d'amore servì a comunicazioni crittografiche, e questa oggi, a otto anni di distanza, il Croce riconosce che «può ben darsi... talvolta!»...
      Non si tratta più di un Dante che sarebbe stato «poco sano in una parte del suo cervello». Le comunicazioni crittografiche sotto la poesia d'amore? Può ben darsi... talvolta!... Si direbbe che tutti quei trucchi e quegli scontorcimenti debbano servire a nascondere questo non lieve cambiamento d'opinione del Croce, cambiamento del quale, intendiamoci bene, a me non importa nulla, perché da troppo tempo in tutti i campi siamo abituati ad andare avanti «udito il contrario parere di Benedetto Croce».
      E quanto allo speciale tono delle sue note verso di me (che spiega il tono di questa mia risposta) coloro che sanno come io abbia dovuto difendere contro gli oltraggi crociani, in altri tempi, l'opera del Pascoli, in tempi più recenti cose anche più sacre, possono rendersene perfettamente conto. Lo dico perché giocare a rimpiattino con le avversioni personali in mezzo alle trattazioni di storia è cosa che, se piace al Croce, non piace a me.
      Un'uscita comica.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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