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      «Si in sene Symeone designatur Petri successio, quid in vidua ista sancta credimus designari, quae quasi septem annis vixit cum viro suo a virginitate sua? Ecclesiam designat, sed particularem... Forsitan quia permanentibus adhuc apostolis Hierosolimis, recepit Samaria verbum Dei, et dubium non est transire quosdam illorum ad litteras et ritum graecorum, in sancta hac muliere ecclesia ipsa designatur, praesertim cum vicina sit ibi gens armeniorum, quae, supra ceteros, sicut ipsi vidimus Hierosolimis ieiuniis et orationibus insistit et fidei romanae prae ceteris illarum parcium ecclesiis quae latinae non sunt, adhaerere cognoscitur (Tractatus..., p. 92).
      Si noti che di questa vedova dice Gioacchino, che visse sette anni cum viro suo a virginitate sua e Francesco da Barberino dice della sua vedova: «Mancò di marito, aveva marito, era vergine e la sua verginità era ignota». Nulla di più probabile che questa vedova servisse molto diffusamente a designare la verità santa della Chiesa «che nel suo sangue Cristo fece sposa», ma che poi era rimasta abbandonata perché non più legata al sacerdozio di Cristo o mal rimaritata col sacerdozio corrotto dalle ricchezze, e che sarebbe appunto quella vedova che ha ripreso malo marito in quella canzone del Boccaccio (Giornata IV) della quale l'autore dice che ha un senso sublime e che non vuole rivelarlo.
      Certo che l'indagine diviene sempre più attraente se si pensi che la vedova di Gioacchino e quella di Francesco da Barberino e quella del Boccaccio possano essere così affini tra loro!


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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