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      E dobbiamo anche riconoscere che egli ha, attraverso tante fonti e tanti passi e tante liriche e tanti meandri di pensiero e di forma, trovato rispondenze, indizi, prove per la ricostruzione di quel misticismo, che da lontane fonti, dalla Persia, attraverso culti e riti palesi e occulti, penetrando qua nel pensiero, filosofico, là nella scolastica, aveva pervaso in fine la vita delle corti ducentesche e la lirica che vi fiorì e ne fu l'espressione; che, se tutto codesto edificio non fosse vero, anche più mirabile ci apparirebbe d'averlo potuto inventare, costruire su tante e tanto apparentemente evidenti e chiare testimonianze».
      Ma l'Egidi mi muove anche delle obiezioni. Riguardo alle mie allusioni alla critica «positiva», egli crede di dover difendere «l'onesta e serena fatica della critica filologica e storica» «dal mio disprezzo». Ma si tratta evidentemente di un equivoco perché io che, come egli bene osserva, adopero proprio il metodo positivo, ho usato quell'espressione in senso ironico (ponendola in corsivo o tra virgolette) contro coloro che si dicono positivi e con questa scusa tirano via senza studiare i problemi sul serio. Tengo a ripetere le precise parole del mio libro: «Sia detto chiaramente una volta per sempre che, se in questo mio scritto mi è sfuggita o mi sfuggirà ancora a volte qualche parola di sdegno verso la critica "positiva", s'intende bene che io ho inteso reagire contro il positivismo da burla. Io ho la più incondizionata ammirazione per quella critica studiosa e paziente che ci ha messi in condizione di conoscere direttamente ed esattamente i nostri poeti; reagisco però energicamente contro la tronfia sicumera con la quale furono vilipesi, per esempio, il Rossetti e il Pascoli, e fu deriso tutto questo nostro ordine di studi, da letterati dei quali alcuni avevano compiuto buoni esami dei codici (e altri non avevano compiuto neppure quelli) e che pretendevano di trasferire senz'altro nel campo dell'interpretazione e della sintesi, una loro autorità conquistata in tutt'altro campo e cioè nell'esame dei documenti e dei testi» (vd. p. 490). È chiaro?


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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