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      Da molti e molti anni l'importanza che si dà alle poesie nello scovarle dai codici, nel pubblicarle, nel ristamparle, è proporzionato al loro valore artistico. Infinite ristampe delle poesie bellissime, meno delle meno belle; quasi nessuna delle incomprensibili, e le più incomprensibili di tutte è perfettamente legittimo ritenere che siano rimaste sepolte nelle biblioteche.
      Lo scrupolo filologico ne ha estratte alcune di queste incomprensibili, e spesso per puro amore delle firme, ma è più che certo che quando un ricercatore si è trovato davanti alle poesie incomprensibili le ha lasciate generalmente da parte. Oggi queste poesie incomprensibili acquistano tutt'altro valore e sono sicuro che verrà il desiderio di ricercarle e di riesaminarle. In questo fatto, al disinteresse cioè che la nostra tradizione scolastica ha avuto naturalmente per le poesie brutte e oscure, si trova anche la mia giustificazione dell'aver ricercato raccolte di versi antiquate come quella del Valeriani del 1816. L'Egidi mi rimprovera questo fatto, ma le poesie brutte e importantissime come quella di Arrigo Baldonasco «Ben a ragion che la troppa orgoglianza», la filologia le ha poi molto trascurate (appunto perché non le capiva), e io devo andare a ripescarle per forza nelle vecchie edizioni. Non posso chiudere questo accenno senza fare osservare che mentre qualcuno dei miei oppositori, più baldanzoso che profondo, mi oppone con tanta sicumera che nella poesia dei «Fedeli d'Amore» non ci sono oscurità, che si capisce tutto, che non ci sono problemi da risolvere, ecc., un filologo sul serio come l'Egidi, dopo aver passata la sua vita su questi libri scrive serenamente: «C'è tutto da rifare e da rivedere intorno alla nostra lirica più antica!


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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